L’8 ottobre 2025, tra i corridoi ipogei di Tera e i profumi della Sidreria Melchiori, la nostra comunità di imprenditori ha vissuto un pomeriggio capace di unire contenuti tecnici e concretezza operativa, in un percorso che ha toccato luoghi simbolo dell’innovazione trentina. Dopo il ritrovo e il trasferimento da Trento, l’accoglienza in Tassullo ha dato il passo giusto all’intero programma: una presentazione d’azienda che è già racconto di rigenerazione e visione, guidata dall’ing. Roberto Covi, e la cornice logistica perfetta per un confronto serrato su come restare competitivi in un mercato che cambia in fretta. Il moderatore Walter Filagrana ha impostato il ritmo richiamando il senso del titolo — “mangiare o essere mangiati” non come slogan muscolare, ma come invito ad agire, a muoversi, a scegliere con lucidità. Scendere a TERA significa entrare nel ventre della terra: immagine con cui Filagrana ha aperto il pomeriggio, legando la profondità dei luoghi alla profondità delle scelte d’impresa.
Da qui il passaggio di testimone al Presidente dell’Associazione Grossisti e PMI del Trentino ing. Mauro Bonvicin, che ha ringraziato i padroni di casa — Tassullo e Lucia Maria Melchiori con l’amministratore delegato Matteo Corazzolla — riportando l’attenzione su un dato che gli imprenditori sentono sulla pelle: nei segmenti dell’ingrosso, per ogni nuova impresa che nasce ce ne sono due che cessano. Non è solo statistica; è la fotografia di un ecosistema in trasformazione, dove la dimensione da sola non basta e serve “strutturarsi” in modo intelligente. Bonvicin ha indicato alcuni assi di lavoro molto concreti: equilibrio finanziario e patrimonializzazione per resistere alle turbolenze (anche sfruttando gli strumenti provinciali disponibili), investimenti nelle persone e nella formazione continua per aggiornare le competenze tecniche e digitali, governo dei processi per ridurre i costi e accorciare i tempi di risposta al cliente, politiche commerciali che difendano i margini senza perdere competitività, e soprattutto alleanze: reti, consorzi, rapporti di filiera che permettano di condividere logistica, dati, piattaforme e relazioni. Una nota particolare l’ha dedicata alla successione generazionale (“non una pratica notarile, ma un percorso da preparare per tempo”) e al tema del credito (“capitale paziente e strumenti adeguati alla crescita”), ribadendo il ruolo dell’Associazione come luogo di accompagnamento e di connessione tra imprese e istituzioni. Parole semplici, concrete, che hanno preparato il terreno alla relazione centrale del pomeriggio.
Il professor Alberto Bubbio (LIUC Business School) ha letto il titolo con una chiave che ha colpito la platea: “mangiare” significa muoversi; chi rimane fermo, fatalmente, viene “mangiato”. Siamo dentro l’ipercompetizione: tanti concorrenti in mercati maturi, clienti che evolvono senza sosta e un ambiente VUCA — volatilità, incertezza, complessità e ambiguità — che genera onde lunghe difficili da prevedere. La metafora scelta è quella del rafting: in acque mosse serve un gommone, non un transatlantico. Una struttura agile, essenziale negli strumenti, con una squadra affiatata che pagaia nella stessa direzione. In altre parole: meno inerzia, più elasticità organizzativa; meno orpelli, più capacità di risposta. È un cambio di postura prima ancora che di processi. Dentro questa postura, Bubbio ha scomposto con chiarezza la nuova “matematica” del valore in tre leve di redditività che, se presidiate con disciplina, fanno la differenza. La prima è migliorare i margini di contribuzione attraverso l’innovazione di prodotto e di servizio: non innovazione come abbellimento, ma come circuito virtuoso che porta a prezzi difendibili perché fondati su utilità percepita e distintività reale. Nel B2B e nella distribuzione all’ingrosso questo significa saper selezionare e portare al cliente “le cose giuste”: assortimenti snelli ma mirati, soluzioni che risolvono problemi, servizi accessori che fanno risparmiare tempo al cliente e accorciano il ciclo di vendita. La seconda leva è ridurre i costi di struttura innovando i processi grazie alle tecnologie: digitalizzare non per moda, ma per semplificare i flussi, eliminare passaggi ridondanti, misurare ciò che conta. Qui l’AI, osservata con l’occhio della direzione amministrazione–finanza–controllo, sta già trasformando attività ripetitive, liberando risorse per analisi e decisioni a maggior valore aggiunto. La terza leva è aumentare la rotazione del capitale investito: nella distribuzione è spesso il “rubinetto” più efficace e più trascurato; ruotare significa selezionare, razionalizzare gli stock, evitare giacenze a bassa marginalità e presidiare tempi di risposta e di consegna. In sintesi: innovare cosa vendi, come lavori e come usi i capitali. Tre movimenti coordinati, non tre progetti isolati. Perché tutto questo funzioni, serve un’organizzazione che alleni la velocità. Tempestività e reattività diventano KPI critici: una risposta in 24–48 ore a una richiesta d’offerta è un vantaggio competitivo misurabile; tempi lunghi equivalgono a opportunità perse. La velocità organizzativa non nasce dal caso: si costruisce allenando la squadra a far fluire l’informazione, a rimuovere attriti interni, a praticare una leadership che spiega la rotta e non ha paura dell’acqua. E la squadra è il moltiplicatore di ogni strategia. Qui Bubbio è stato esplicito: in un mondo ipercompetitivo non vincerà il più grande, ma la squadra migliore. È il passaggio che rovescia molte ortodossie del passato: le economie di scala, totem del Novecento, diventano “giurassiche” quando i volumi non crescono più; ciò che conta oggi sono le economie di scopo — mettere a fattor comune competenze, relazioni, piattaforme e logistica — e le alleanze: partnership verticali e orizzontali, reti di impresa, consorzi, associazionismo. “Non fate la follia di scendere le rapide da soli”, ha esclamato sorridendo il professore, ricordando che la collaborazione è la vera assicurazione contro le turbolenze.
Un capitolo a parte lo merita il passaggio generazionale. Non è una pratica notarile ma un processo di selezione e accompagnamento che decide il futuro dell’azienda. Tre i criteri chiave: passione, competenze e capacità relazionali. Il successore non dev’essere per forza un figlio; dev’essere la persona giusta per portare il gommone tra le rapide. Il metodo, anche qui, è organizzativo: preparare per tempo il percorso, definire ruoli e responsabilità, allenare la nuova guida a conoscere prima il mestiere e poi il management, e investire in formazione continua. La cultura, suggerisce Bubbio, è il software che consente all’hardware dei processi di funzionare.
La parte finale della relazione ha legato i tasselli in azione: poche leve, ben presidiate. Innovazione di prodotto/servizio per sostenere i margini; innovazione dei processi per asciugare i costi di struttura; rotazione del capitale per liberare cassa e velocità. KPI semplici e condivisi con il team; priorità chiare; leadership coerente. “Salire sul gommone non è pericoloso — anzi può essere persino divertente. L’unica cosa: non bisogna aver paura di bagnarsi.” È il modo migliore per tradurre in pratica un concetto strategico: trasformare l’incertezza in allenamento e la complessità in vantaggio competitivo.
Fuori dall’aula, la giornata ha continuato a parlare di impresa. La visita a TERA — l’ecosistema minerario rigenerato che nasce dalle attività estrattive di Tassullo — ha mostrato cosa significa davvero “rigenerare”: progettare i vuoti, prima ancora di scavarli, per ospitare insediamenti che vanno dalla conservazione alimentare alle tecnologie digitali. Le condizioni geologiche uniche e i chilometri di vie ipogee raccontano una filiera che si fa infrastruttura: stoccaggi, stagionature, efficienze energetiche, prossimità logistica. Poi il trasferimento a Lucia Maria Melchiori, con l’amministratore delegato Matteo Corazzolla, per entrare in un’altra storia trentina di innovazione e di investimenti di lungo periodo, e infine il momento conviviale in Sidreria, dove la rete di relazioni ha fatto il resto.
A rendere il pomeriggio un successo non è stata solo la qualità dei contenuti o l’autorevolezza dei relatori, ma la sua “drammaturgia”: luoghi coerenti con i messaggi, interventi essenziali ma densi, dialogo vero tra imprese e una compagnia che ha trasformato un convegno in un’esperienza condivisa. Non abbiamo assistito a una teoria sul “mangiare o essere mangiati”; abbiamo visto come si costruisce un gommone e come si rema insieme. Forse è questo l’insegnamento più prezioso che ci portiamo a casa: nell’ipercompetizione non serve diventare enormi; serve diventare organizzazioni leggere, veloci e capaci di allearsi. La nostra Associazione vuole essere esattamente questo: la casa dove le imprese trovano una squadra, una rotta e la voglia di bagnarsi.